Se c'è qualcosa che consiglierei (quasi) a tutti di provare è 9:05. Se non avete mai sentito questo titolo, digitate "9:05 adam cadre" sulla barra di ricerca, cliccate sul primo link disponibile e, a patto di avere una mezz'oretta di tempo a disposizione, alzatevi e andate al lavoro navigando l'ambiente attorno a voi con i comandi testuali forniti dal gioco. Fatto? Fa lo stesso se non ne avete voglia, è un espediente come un altro per iniziare un consiglietto; in ogni caso, quello che potreste appena aver provato è una delle più famose avventure testuali, un tipo di videogioco in cui le interazioni sono possibili solo tramite una serie di comandi che potrete digitare (TAKE KEYS, GO WEST, ENTER CAR) e in cui tutte le informazioni sono offerte sotto forma di testo. È un genere di interazione abbastanza desueto nel panorama videoludico moderno, nonostante permetta anche ad uno sviluppatore con pochissimi mezzi di costruire un'esperienza assai complessa e interattiva: ciò di cui voglio parlarvi oggi sfrutta proprio questa complessità, pur ibridandosi con un altro genere assai più popolare - la visual novel o i choice-based storygames (termine orrendo e quasi senza senso ma insomma avete capito) - e ampliando il proprio repertorio includendo tra le proprie meccaniche anche i suoni.
YOU’RE KNOCKED INTO THE DARK PLACE, WHERE ALL THE PEOPLE GO.
Questa è la frase che leggerete appena dopo la criptica introduzione del gioco, che vi metterà nei panni di una persona abbastanza disperata da minacciare il proprietario di una macchina con una pistola, in fuga da qualcuno – o qualcosa – che sembra rincorrervi senza alcun riguardo per la distanza che cercherete di mettere tra voi ed esso ad ogni scelta possibile. I vostri sforzi saranno vani: vi risveglierete in una foresta, vicino ad un albero, sul cui tronco è attaccato un foglio. Le sei regole che vi leggerete sopra, da seguire sempre e comunque, pena un destino prevedibilmente peggiore della morte, sono le uniche linee guida che avrete a disposizione per navigare il Dark Place: un posto così misterioso che l’unica cosa che sapete è proprio che ci siete finiti dentro. Ciò che rimane da fare dopo la lettura – ora e per la maggior parte del tempo – è muovervi nelle quattro direzioni cardinali. Navigando alla cieca, senza nulla in tasca, è assai probabile che la vostra prima passeggiata finisca ina una tragica END: affettati, sgozzati, impazziti, fatti esplodere in una miriade di frammenti… Difficile pensare che ci sia qualcosa di questo posto che non vi voglia morti stecchiti. Vi risveglierete accanto ad un albero famigliare, ma questa volta avrete qualcosa in tasca: un foglio quadrettato e una matita. Armati di tutti gli strumenti per mappare il Dark Place, vi potete incamminare di nuovo in una qualsiasi direzione; avete un obiettivo: scappare da questa dimensione letale prima di morire... di nuovo.
ALL AT ONCE/ TRUE IS FALSE
Dicevo che pur assomigliando moltissimo alle avventure testuali sopracitate, le possibilità d’interazione di Welcome To The Dark Place sono più simili a quelle di una visual novel: un repertorio di azioni predefinite tra cui scegliere quella che speriamo ci porti fuori da questo posto malefico. Ciò che eleva quest’esperienza piuttosto semplice a livello visivo è senza dubbio il vasto campionario di suoni che accompagnano ogni nostra decisione. Ogni volta che arriveremo in un posto nuovo – ogni cinque secondi in media – sentiremo un breve campione ambientale: frasche che si spostano, il cinguettio di un uccellino, un tosaerba, un acuto grido di dolore… L’audio posizionale consente al gioco di presentarvi enigmi che non si basano esclusivamente sul trovarsi nel posto giusto con in tasca l’oggetto giusto, o magari sulla ragionevolezza del giocatore, ma invece sul riconoscere da dove provengono certi suoni, e la loro natura. Spesso e volentieri è proprio questa la chiave per sopravvivere, e da contorno, per ottenere preziose informazioni su dove ci troviamo e dove dobbiamo andare. Il Dark Place è un luogo inscrutabile e bizzarro, e le infomazioni che ci vengono fornite tramite un senso che non siamo abituati ad allenare tanto quanto la vista diventano la nostra salvezza. Più di una volta mi sono allungata verso lo schermo, cercando di carpire ogni qualità del rumore che all’improvviso mi invadeva l’orecchio destro, terrorizzata all’idea di sbagliare e di andare incontro ad una fine prematura.
Sì, perché nonostante non l’abbia specificato nell’introduzione, Welcome To The Dark Place è un horror. Dopo un paio di ore di gioco non vi soprenderà sapere che lo sviluppatore è lo stesso di Lethal Company, la hit che gli ha permesso di continuare a sviluppare quest’avventura, e d’altronde non c’era maniera migliore di sfruttare un gameplay che centellina informazioni con il contagocce e che immerge il giocatore nel buio totale prima di fargli sentire un vasto campionario di suoni. Uno sviluppatore meno conscio delle possibilità che l’horror offre per terrorizzare le sue vittime avrebbe sfruttato questo campionario per farle saltare sulla sedia in ogni momento, jumpscare dopo jumpscare, ma Zeekerss è molto più bravo di così e capisce che cosa ha tra le mani e di che cosa vuole parlare molto meglio di così. Il crescendo di suoni, la qualità dei cue ambientali e il lento crescendo di tensione sono gestiti in modo magistrale, e pur sapendo che morire non significa niente di più che svegliarsi vicino ad un albero con su attaccato un foglietto, quando le scelte che mi si paravano davanti erano una questione di vita e di morte ero inchiodata alla sedia, tesa all’idea di sentire il suono familiare della schermata di END. Il gioco pesca a piene mani da tutti gli archetipi dell’orrore, dal più sciocco fino ai più inquietanti, offrendo un’ampia gamma di spaventi: potete ridere dell’assurdità di essere fatti a pezzi da un babbuino, o saltare sulla sedia quando [REDACTED].
THE TRAIN IS NEVER ON THE TRACK. BUT THE TRAIN NEVER STOPS.
L’horror di Welcome To The Dark Place pervade però tutti i momenti dell’esplorazione, non solo quelli in cui qualcosa di orribile vuole chiaramente farti a pezzi. Quando il giocatore inizia ad esplorare il mondo e ad interagire con i suoi abitanti è evidente quanto vivere nel Dark Place abbia trasformato ciascuno dei suoi residenti – e quanto alcuni non siano stati cambiati affatto. Le interazioni che avrete con le altre entità senzienti saranno strane, sgradevoli quando non del tutto ostili, e vi lasceranno addosso l’inquietante sensazione che non solo sarà impossibile parlare con qualcuno simile a voi, ma che forse voi stessi mano mano che passa il tempo vi state facendo simili agli abitanti di questo posto oscuro. Dicevo che il gioco pesca a piene mani dal cestone dell’horror, ma fonde questo amalgama ad un orizzonte folle ed enigmatico che cerca in ogni momento di dirvi qualcosa che continua disperatamente a sfuggirvi. Anche perché più viaggerete lontano più riuscirete ad ottenere delle risposte alle vostre domande di partenza – come si finisce nel Dark Place? Come se ne esce? – ma più ne sorgeranno spontanee altre: che cosa fanno al terzo piano di questo alto palazzo? Perché nessuno spegne il fuoco nella foresta? Come mai i bibliotecari fanno così paura? A volte vi imbatterete in delle risposte definitive, ma spesso tutto quello che potrete fare è collegare i pochi puntini per arrivare a delle conclusioni vaghe, ma alienanti quanto basta.
ll Dark Place è un mondo ricco, complesso, fantastico, meraviglioso e terribile in parti uguali: se vi chiedete come mai io stia usando così tante parole per non descrivervi nulla è proprio perché non mi sognerei mai di attenuare la delizia che attende la vostra esplorazione, che vi porterà a vivere esperienze letali per le quali la salvezza richiede la comprensione di una logica crudele e indistinta, ma sicura. Il gioco fa scivolare i giocatori in una trance in cui l’interazione è sempre aleatoria e mistica, a volte persino ilare, che gradualmente svela la sua regolarità (il cui cuore risiede proprio nelle sei regole iniziali) senza però mai far sentire al sicuro. Pochissime esperienze mi hanno mai fatto vivere momenti del genere: solo per questo motivo si tratta di qualcosa che merita di essere provato, anche da chi non ha nessuna intenzione di arrivare alla fine.
READ IT/ LOOK UP/ GO ELSEWHERE
Questo appunto sorge spontaneo proprio perché dopo un’attenta ricognizione della maggior parte della mappa il gioco diventa a tutti gli effetti un puzzle più sibillino che complesso. Per arrivare alla fine del gioco e trovare un modo per (cercare di… ?) uscire dal Dark Place occorre attuare una grande quantità di step difficili, strani e soprattutto rischiosi. Sopravvivere durante quest’odissea, considerando che i vostri progressi che non sono quelli che disegnate sulla mappa vengono resettati quando si muore, è davvero difficile: arrivare alla fine per la prima volta è stata una questione comunitaria, tant’è che leggendo tra le discussioni di Steam si nota subito che la strada verso il finale è stata tracciata con l’aiuto di tutti i giocatori presenti al lancio, e tutt’ora i segreti del gioco non sono ancora stati svelati appieno. È del tutto legittimo che un simile livello di difficoltà possa intimorire i giocatori: io stessa, dopo aver setacciato in lungo e in largo questo luogo ostile mi sono rivolta alla guida redatta di recente per arrivare a vedere le scene finali. Che è poi quello che consiglio di fare a chiunque sia interessato a provare questo gioco senza essere un fan degli enigmi estremi; proprio perché Welcome To The Dark Place immerge il giocatore in circostanze estreme, bizzarre e incomprensibili, senza alcun riguardo per la chiarezza o la semplicità, l’eventuale sensazione di frustrazione per l’impossibilità di fare progressi inizia a farsi sentire dopo tantissime ore di gioco – prima sarete intenti a mappare tutte le assurdità del mondo in cui siete stati catapultati, cercando di scoprire i punti nodali della sua crudeltà insensata (… ?), dei suoi suoni variegati e della flebile via di fuga che vi viene offerta. Poi certo, non è difficile intuire che la frustrazione è proprio uno dei sentimenti che questo gioco desidera suscitare: in che altro modo potrebbe sentirsi qualcuno scagliato in un posto come il Dark Place? Se davvero disperate di poter uscire, potete sempre smettere di giocare…
Segnalo inoltre che nonostante l’idea di poter utilizzare la mappa all’interno del gioco sia davvero carina e possa contribuire ad una certa immersione nell’atmosfera, i comandi per utilizzarla e per scriverci sopra sono abbastanza scomodi e macchinosi da rallentare l’intera esperienza: bug o feature che sia questa inefficienza, la maggior parte dei giocatori farebbe meglio ad affidarsi ad una mappa cartacea, o al massimo ad un foglio Excel aperto su un altro dispositivo, invece di fare come me e trascinare il mouse con odio sull’ennesimo quadretto dopo aver zoommato due volte per poi dezoommare (in media ogni cinque secondi, dicevo prima).
TO FIND A WAY OUT OF THE DARK PLACE IS TO DISCOVER WHAT THE DARK PLACE IS
Sarò onesta, non pianificavo di postare due consigli a tema videoludico uno dopo l’altro, ma la verità è che Welcome To The Dark Place mi ha rapito. Non sono spesso colpita dalla qualità della scrittura nei videogiochi (sorprendente? beh, direi di no), ma sono rimasta incantata di fronte alla complessità e alla varietà di emozioni che la prosa di questo gioco è stata in grado di ispirarmi. Dal terrore per qualcosa che non riesco a vedere finché non è troppo tardi, fino all’inquietante sensazione che tutto il resto del mondo ha capito qualcosa che a me sfugge...